all’asilo

Di questi anni ricordo poco o nulla, solo qualche episodio che mi torna a volte in mente, anche perché ne frequentai poco meno di due anni: il pomeriggio quando tornavo a casa andavo sempre a casa di Ninì, maestrina diplomatasi da poco, e Lei mi insegnava i fondamenti dell’italiano e della matematica. A quattro anni sapevo già leggere e scrivere e facevo morire dal ridere i miei parenti quando venivano a casa e mi mettevano alla prova facendomi leggere qualche titolo di giornale. A cinque anni ricordo ancora l’arrabbiatura di papà quando si vide arrivare un pacchetto da parte di Postal Market contenente un gioco sui segnali stradali, ricordo ancora il prezzo: 480 lire più le spese di spedizione. Non ci mise molto a capire che quell’ordine era stato spedito dal sottoscritto! Dell’asilo dicevo, bene di esso ricordo le suore tutte vestite di nero, il brodo della mia pastina che veniva puntualmente versato nelle varie piante del corridoio perché non mi piaceva, il grande atrio buio che attraversavo di fretta per evitare chissà qual’essere mostruoso che potesse uscire da dietro uno dei grossi armadi lì siti, la mia prima cotta per una ragazzina che si chiamava Mariagrazia e che ricordo ancora mentre ballava con la sua gonna rosa svolazzante, un pomeriggio passato a piangere (si dormiva dopo pranzo tutti insieme testa sul banco) perché un mio amichetto mi aveva detto che mi avrebbe fatto arrestare da un suo parente carabiniere perché non avevo voluto giocare con lui. Ricordo quando in occasione di non so quale festa, le suore ci portarono dal sindaco e a me toccò il compito di leggergli non so quale “proclama”, ricordo il suo abbraccio, il suo bacio e nel sottofondo gli applausi. Passarono così quegli anni, tutti i pomeriggi dalla Signora Assuntina, Ninì, ad acculturarmi e mi ricordo di un mio amico che andava lì a fare doposcuola, si chiamava Enzo era più grande di me: dopo qualche tempo partì con la famiglia e si trasferì dalle parti di Caserta. Di lui ricordi di giochi ed una fotografia nella quale mi abbraccia in occasione del mio sesto compleanno. Dopo i compiti restavo ancora a casa di Teresa e giocavo con Gino il figlio, studente all’Istituto Nautico, o con il marito, Giuseppe, per me Tittì, quando tornava a casa dal lavoro. Era un gran bravo muratore, anche lui adesso non c’è più, ma ha lasciato delle opere murarie – in alcune vi abitano i figli- che sono delle vere e proprie opere d’arte tirate su quasi da solo, e che fanno trasparire in ogni pietra levigata e lavorata, in ogni finestra, in ogni camera, il suo ingegno e la sua bravura. Spesso penso, e sorrido al pensarlo, che sarebbe un peccato se dove si trova adesso, il Signore non gli desse un incarico per abbellire il Paradiso. Lui saprebbe come fare. Con Tittì “studiavamo” insieme per la patente di guida e ci divertivamo a giocare su chi facesse meno errori nel rispondere ai test. Di queste numerose giornate a casa di Teresa un altro episodio mi viene in mente e con questo concludo la pagina odierna: dovete sapere che Tittì era di origini sarde, (nel mio comune abitano tante persone di origine sarde perché a inizio secolo qui si trasferirono tante famiglie di operai provenienti da quella regione che venivano a lavorare nelle varie cave a cielo aperto ricavate sui versanti delle nostre colline) e con lui abitava la mamma, vedova, Rosa, se non ricordo male ma per noi bambini semplicemente Nonna Cucca. Bene nonna Cucca spesso andava in Sardegna a trovare i parenti e quando tornava portava spesso a Teresa delle scatole di dolcetti sardi. Quella volta mise la scatola dei biscotti sotto la tavola dove stavamo giocando io e Tittì, e per prendere non so cosa da terra, il mio sguardo lì si posò. Inutile dire che il gioco in quel momento finì come la scatola dei biscotti….

all’asiloultima modifica: 2004-08-21T19:02:27+02:00da naufragotriste
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