a papà

Ciao ancora a tutti ed eccomi nuovamente all’appuntamento giornaliero con le mie pagine. Rileggendo un po’ le mie precedenti pagine, ho notato che andando col pensiero ai miei primi anni di vita ho accennato a tante persone care ma poco o nulla ho scritto/detto dei miei genitori e quindi vorrei dedicare loro le prossime pagine, salvo poi ritornare alla mia fanciullezza ripartendo dal periodo delle elementari. Di mio padre ho scritto poco, salvo della sua professione, operatore cinematografico. Prima di iniziare a scrivere sembrava facile dedicare una pagina di questo blog alla Sua persona, ora adesso l’impresa sembra ardua. Come si può scrivere e racchiudere in poche righe quello che un padre, o una madre, ha rappresentato per Te ed i momenti vissuti insieme, i Suoi insegnamenti, i momenti felici come quelli tristi, gli attimi di confidenza, i distacchi, le incomprensioni, parlare del suo lavoro, dei suoi sacrifici, della sua salute, delle sue gioie o dei suoi dolori. Io comunque ci provo. Papà, e difficile esserlo e me ne sono reso conto solo quando anch’io lo sono diventato. Ci si trova dall’altra parte della barricata e si comincia a capire quando lì c’era il tuo, di papà. Posso dire di avere conosciuto meglio papà ai tempi del liceo, quando avendo raggiunto ormai un’età che si lascia alle spalle la fanciullezza, mi veniva concesso di andare con lui, motivazione ufficiale per fargli compagnia, a Vico dove lui lavorava, come sapete, nel locale cinema. Fino a quell’età per i suoi motivi di lavoro non avevo avuto modo di frequentarlo tanto e di poter giocare con lui, come fanno con me le mie monelle quando torno a casa dal lavoro. Il motivo è presto detto: la mattina noi a scuola e lui nel negozietto di famiglia, il pomeriggio noi a casa e lui al lavoro, al cinema. Per noi il giorno festivo non era la domenica ma il lunedì quando papà aveva il giorno di riposo. Tutte le nostre feste, i compleanni, gli anniversari, le gite, tutte da festeggiare il lunedì, antecedente o successivo, più vicino alla data effettiva. A Pasqua, Natale, Capodanno, Ferragosto, si finiva sempre il pranzo senza di lui che sul più bello, bacetto a moglie e figli, doveva alzarsi da tavola ed andare al lavoro. Ringrazio il Signore, comunque, che gli ha donato e gli dona ancora tanti anni da spendere con i suoi figli e nipoti, in modo da poter recuperare tutte quelle ricorrenze trascorse senza di noi. Di papà ricordo quando ci svegliava al mattino canticchiando il solito ritornello napoletano e ci portava nel letto una bevanda, acqua zucchero e caffè (eravamo troppo piccoli per il caffè), che mi ricordo buonissima ma che adesso – ho provato qualche volta a prepararmela – non riesco nemmeno ad assaggiarla. Di lui ricordo le tavolette di cioccolata, esiste ancora il “Carrarmato” della Perugina? o le caramelle che acquistava al bar del cinema e che ci faceva trovare tutte le mattine sul comodino. Ricordo della sua sigaretta sempre accesa (colpo del suo lavoro solitario, diceva lui) e che ci costringeva quando ci portava in moto a stare con il viso sempre dalla parte della sua spalla destra onde evitare che la cenere della sua sigaretta ci finisse negli occhi. Il vantaggio del fumare era uno solo, quando dovevamo fargli un regalo per una qualsiasi ricorrenza, non avevamo paura di sbagliare, una stecca di sigarette e contenti tutti, noi che non dovevamo perder tempo e fantasia a capire cosa dovevamo regalargli e lui perché aveva un altro po’ di autonomia prima di comprarne di nuove. A proposito del fumare, va detto che cercò tante volte di togliersi il vizio senza mai riuscirci. Nel 1984, quando ebbe un problema al polmone e dovette smettere di lavorare, da un giorno all’altro della sigaretta non ne volle più sentire nemmeno il nome. Di papà ricordo, e con questo concludo la mia pagina odierna, anche una preghiera che mi insegnò da piccolo, e che ancora adesso recito, forse solo per abitudine. Ricordo che mi svegliai piangendo per un brutto sogno – sognai di essere stato catturato da cannibali è già mi trovavo nel pentolone – e lui mi venne vicino e mi disse: “ Quand’ero piccolo feci anch’io un brutto sogno, quello di essere infilzato da un toro, ed allora la nonna Matilde mi insegno questa preghiera, recitala anche tu e di sogni brutti non ce ne saranno più”. La preghiera recitava, ed era da ripetersi per cinque volte, così: “Gesù m’è padre, la Madonna m’è madre, i Santi mi son parenti e stanotte non mi fanno sognar niente!”. Da allora l’ho sempre recitata anche se i sogni brutti e gli incubi hanno continuato ad esser spesso presenti nelle mie notti agitate….

a papàultima modifica: 2004-08-22T15:48:29+02:00da naufragotriste
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